Venerdì sera --21.01.05-- Intorno vede un film: Nostra Signora dei Turchi

Tematica:

  1. Su questo venerdì
About this Friday

  2. Sul film che vedremo
About the film

  3. Su Carmelo Bene
About Carmelo Bene

Links:

http://www.immemorialecarmelobene.it/

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1. Su questo venerdì

Cosa: Nostra Signora dei Turchi, film e discussione
Quando: 5.30 pm, Venerdì 21 Gennaio, 2005
Dove: LaT (Laboratorio Tolentini), Santa Croce 191 30135 Venezia
Chi: tutti sono invitati

Proiezione del film Nostra Signora dei Turchi, 125 min., col., anno 1968.
Discussione dopo la visione del film

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1. About this Friday

What: Nostra Signora dei Turchi, film and discussion
When: 5.30 pm, Friday 21 Gennaio, 2005
Where: LaT (Laboratorio Tolentini), Santa Croce 191 30135 Venezia
Who: all are invited

We will see the film Nostra Signora dei Turchi, 125 min., col., year 1968.
Discussion after the film.

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2. Sul film che vedremo

Monologo da Nostra Signora dei Turchi

Ci sono cretini che hanno visto la Madonna e ci sono cretini che non hanno visto la Madonna. Io sono un cretino che la Madonna non l'ha vista mai. Tutto consiste in questo, vedere la Madonna o non vederla. San Giuseppe da Copertino, guardiano di porci, si faceva le ali frequentando la propria maldestrezza e le notti, in preghiera, si guadagnava gli altari della Vergine, a bocca aperta, volando.

I cretini che vedono la Madonna hanno ali improvvise, sanno anche volare e riposare a terra come una piuma. I cretini che la Madonna non la vedono, non hanno le ali, negati al volo eppure volano lo stesso, e invece di posare ricadono come se un tale, avendo i piombi alle caviglie e volendo disfarsene, decide di tagliarsi i piedi e si trascina verso la salvezza, tra lo scherno dei guardiani, fidenti a ragione dell'emorragia imminente che lo fermerà. Ma quelli che vedono non vedono quello che vedono, quelli che volano sono essi stessi il volo. Chi vola non si sa. Un siffatto miracolo li annienta: più che vedere la Madonna, sono loro la Madonna che vedono.

È l'estasi questa paradossale identità demenziale che svuota l'orante del suo soggetto e in cambio lo illude nella oggettivazione di sè, dentro un altro oggetto. Tutto quanto è diverso, è Dio. Se vuoi stringere sei tu l'amplesso, quando baci la bocca sei tu. Divina è l'illusione. Questo è un santo. Così è di tutti i santi,_fondamentalmente impreparati, anzi negati. Gli altari muovono verso di loro, macchinati dall'ebetismo della loro psicosi o da forze telluriche equilibranti - ma questo è escluso -. È così che un santo perde se stesso, tramite l'idiozia incontrollata. Un altare comincia dove finisce la misura. Essere santi è perdere il controllo, rinunciare al peso, e il peso è organizzare la propria dimensione. Dove è passata una strega passerà una fata.

Se a frate Asino avessero regalato una mela metà verde e metà rossa, per metà avvelenata, lui che aveva le mani di burro, l'avrebbe perduta di mano. Lui non poteva perdersi o salvarsi, perchè senza intenzione, inetto. Chi non ha mai pensato alla morte è forse immortale. È così che si vede la Madonna. Ma i cretini che vedono la Madonna, non la vedono, come due occhi che fissano due occhi attraverso un muro: un miracolo è la trasparenza. Sacramento è questa demenza, perchè una fede accecante li ha sbarrati, questi occhi, ha mutato gli strati - erano di pietra gli strati - li ha mutati in veli. E gli occhi hanno visto la vista. Uno sguardo. O l'uomo è così cieco, oppure Dio è oggettivo.

I cretini che vedono, vedono in una visione se stessi, con le varianti che la fede apporta: se vermi, si rivedono farfalle, se pozzanghere nuvole, se mare cielo. E davanti a questo alter ego si inginocchiano come davanti a Dio. Si confessano a un secondo peccato. Divino è tutto quanto hanno inconsciamente imparato di sè. Hanno visto la Madonna. Santi. I cretini che non hanno visto la madonna, hanno orrore di sè, cercano altrove, nel prossimo, nelle donne - in convenevoli del quotidiano fatti preghiere - e questo porta a miriadi di altari. Passionisti della comunicativa, non portano Dio agli altri per ricavare se stessi, ma se stessi agli altri per ricavare Dio.

L' umiltà è conditio prima. I nostri contemporanei sono stupidi, ma prostrarsi ai piedi dei più stupidi di essi significa pregare. Si prega così oggi. Come sempre. Frequentare i più dotati non vuol dire accostarsi all'assoluto comunque. Essere più gentile dei gentili. Essere finalmente il più cretino. Religione è una parola antica. Al momento chiamiamola educazione.

Anno 1968
Durata 125
formato eastmancolor-ektachrome 16 mm. gonfiato a 35 mm
tratto da romanzo omonimo di carmelo bene
Produzione: Carmelo Bene e Giorgio Patara
Regia: Carmelo Bene
Attori: Carmelo Bene (uomo), lydia mancinelli (santa margherita), ornella ferrari (la serva) anita masini (la madonna/il primo amore), salvatore siniscalchi (editore), vincenzo musso
Soggetto: carmelo bene
Sceneggiatura: carmelo bene
Fotografia: mario masini
Montaggio: mauro contini

Links:

http://www.carmillaonline.com/archives/2003/07/000373print.html
http://www.close-up.it/skene-up/focuson/speciale/04-02/carmelobene_nostrasignora.html

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2. About the film

Year: 1968
Lenght: 125 min.
Format EASTMANCOLOR-EKTACHROME 16 MM. Blown up at 35 MM
From the book Nostra Signora dei Turchi
Production Carmelo Bene e Giorgio Patara
Director Carmelo Bene
Attori
Carmelo Bene (man), lydia mancinelli (S. Margherita), ornella ferrari
(servant) anita masini (madonna/the first love), salvatore siniscalchi
(publisher), vincenzo musso
subject carmelo bene
shooting script carmelo bene
Photography MARIO MASINI
editing MAURO CONTINI

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3. Su Carmelo Bene

Carmelo Bene nasce a Campi Salentina in provincia di Lecce, nel 1937.
"Il problema è che l'io affiora, per quanto noi vogliamo schiacciarlo,comprimerlo.
Ma finalmente, prima o poi, questa piccola volontà andrà smarrita.
Come dico sempre: il grande teatro deve essere buio e deserto".

Dopo i primi studi classici presso un collegio di gesuiti, si iscrive nel
1957 all'Accademia di Arte Drammatica, un'esperienza che, a partire dal
solo anno successivo, abbandona convinto della sua "inutilità" per
l'incompatibilità fra l'idea classica di teatro, di rappresentazione, e la
"destrutturazione" che di questa idea Bene porterà avanti lungo tutto il
suo percorso; un'operazione culturale che avrebbe fatto strame appunto
dell'idea stessa di recitazione, messa in scena, rappresentazione e addirittura "testo".

Il debutto è datato 1959, come protagonista del "Caligola" di Albert Camus
andato in scena a Roma. Poco dopo inizieranno quelle che lo stesso Bene chiamerà "variazioni",
regista di se stesso si cimenterà nell'operazione di manipolazione e di
straniamento di alcuni classici immortali.Sono di questi anni numerosi
spettacoli come "Lo strano caso del dottor Jekill e del signor Hyde",
"Gregorio", "Pinocchio", "Salomè", "Amleto", "Il rosa e il nero".

Nel 1965 si cimenta anche come scrittore, producendo il testo "Nostra signora dei
Turchi", edito dalla casa editrice Sugar. L'anno dopo, il romanzo viene
adattato e messo in scena al teatro Beat '62.
Comincia negli stessi anni la sua parentesi cinematografica, prima come
attore nel film di Pasolini "Edipo Re", poi come regista del film "Nostra signora dei Turchi",
ancora una volta tratto da quel suo primo romanzo.
Il
film vince il premio speciale della giuria a Venezia e rimane un caso unico
nell'ambito della sperimentazione cinematografica.

In seguito, gira ancora due film "Capricci"
(1969) e "Don Giovanni" (1970), mentre del 1972 è "L'occhio mancante",
libro edito da Feltrinelli e rivolto polemicamente ai suoi critici.
Con "Salomè" (1972) e "Un Amleto in meno" (1973) si chiude la sua esperienza cinematografica,
ripresa solo nel 1979 con l'"Otello", girato per la televisione e montato solo in tempi recenti.

Torna al teatro con "La cena delle beffe" (1974), con "S.A.D.E". (1974) e poi ancora con "Amleto" (1975).
Seguono numerose opere, ma molto rilevante è la sua cosiddetta "svolta concertistica", rappresentata in prima istanza da "Manfred" (1980), un lavoro basato sull'omonimo poema sinfonico di Schumann. Nel 1981 dalla Torre degli Asinelli a Bologna recita la "Lectura Dantis", poi negli anni '80 "Pinocchio" (1981), "Adelchi" (1984), "Hommelette for Hamlet" (1987), "Lorenzaccio" (1989) e "L'Achilleide N. 1 e N. 2" (1989-1990).
Dal 1990 al 1994 la lunga assenza dalle scene, durante la quale, come dirà lui stesso, "si disoccuperà di sé".

Nel 1995 era tornato sotto i riflettori e in particolare nelle librerie con la sua opera "omnia" nella collana dei Classici Bompiani, cui aveva fatto seguito nel 2000 il poemetto "'l mal de' fiori". A proposito di quest'ultimo lavoro, in un'auto-intervista redatta per Café Letterario del 16 maggio 2000, scrisse: "Prima di questo 'l mal de' fiori
non mi ero mai imbattuto in una nostalgia delle cose che non furono mai in
nessuna produzione artistica (letteratura, poesia, musica). Sono da sempre
stato privo d'ogni vocazione poetica intesa come mimesi elegiaca della
vita come ricordo, rimpianto degli affetti-paesaggi, mai scaldato dalla
"povertà dell'amore", sempre nei versi del poema ridimensionato nella sua
funzione di 'amor facchino', cortese o no. Riscattato dall'o-sceno
demotivato, divino, svuotato una volta per tutte dell'affanno erotico nel
suo ossessivo ripetersi senza ritorno...
Muore il 16 marzo 2002, nella sua casa romana a 64 anni.

http://www.close-up.it/skene-up/focuson/speciale/04-02/carmelobene_fasoli.html

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3. About Carmelo Bene
 

On March 18 2002, legendary Italian theatre director, actor and writer
Carmelo Bene died at age 64. Between 1968 and 1973 he also made films, five experimental works that marked him as the wildest of Italian cinema's several wild geniuses. When asked why he gave up filmmaking he replied, "To relax. The way I make cinema is extremely exhausting." This statement evokes not only the production circumstances of his movies, on which he worked outside the structures of commercial filmmaking as writer, producer, director, actor and decorator, but also the intense energy which animates every scene of his oeuvre.

This energy emanates
from the cartoonish dementia of the performances, the disorientating speed with which one phantasmagoric image replaces another and the jarringly non-naturalistic use of sound and music. No director has ever come closer to the heightened expressive freedom of animation in live action cinema than Bene.   By the time he made his first film, Bene had been a prominent figure in Italian experimental theatre for a decade. He was born in Campi Salentina near Lecce in 1937. After a brief stint in Rome's National Academy of Dramatic Art he formed his own theatre company. A staging of his adaptation of Camus' Caligula in 1959 had first brought him notice.

His
subsequent career earned him the reputation of being a provocateur, with the police closing down several of his productions, notably Christ 63 in 1963. His work also drew much acclaim, with Pasolini hailing Bene's "autonomous and original" theater as the only exciting work being done in an otherwise worthless experimental theatre scene. Bene played Creon in Pasolini's Oedipus Rex (Edipo Re, 1967).   His first film, Our Lady of the Turks (Nostra Signora dei Turchi, 1968), is a fragmented series of scenes centred around the cathedral at Otranto in which the protagonist (Bene) tries repeatedly but unsuccessfully to meet Saint Margherita. It was adapted from Bene's own 1965 novel. His second film, Capricci (1969), works with ideas from Manon and the Elizabethan play Arden of Faversham. The third, Don Giovanni (1971), is taken from a story by 19th century author and dandy Jules Barbey D'Aurevilly, Le plus bel amour de Don Juan, and Salome (1972) is a version of Oscar Wilde's play.

The brilliantly titled One Hamlet Less (Un
Amleto di meno, 1973) combines Shakespeare with Jules Laforgue.   Bene's films are critical explorations of the texts they are based on. He operates by returning these stories to a sort of primordial dramatic and intellectual state of chaos where ideas, narratives and characters struggle to come into being. As Deleuze pointed out, Bene is concerned not with beginnings or endings, but with the middle, an engagement with a perpetual becoming, a world of constantly shifting potentiality. He achieves this by questioning and throwing off balance every aspect of his films. The frequently hysterical performances of his actors - or 'actorial machines' - are caricatures amplified to the level of the grotesque. Rather than playing characters, the actors become stylised embodiments of some of their defining characteristics, shrieking, slobbering, whispering and drooling their way through a series of events that resemble variations on certain themes or gestures rather than a developing narrative.

Bene described his films as "music for the eyes"
put together with a "surgical indiscipline of montage" He constantly strives for a glorious visual excessiveness, with unusual camera angles, shifts between black and white and colour, interesting superimpositions and either overtly theatrical - Don Giovanni, One Hamlet Less - or otherwise expressionistically employed settings - the cathedral in Our Lady of the Turks. This anti-naturalistic approach is further heightened by the asynchronous use of sound, which incorporates heavily amplified sounds such as breathing and coughing, shouted or stammered dialogue and sudden bursts of mainly classical music, most commonly opera.  

If Bene's cinema is one of constant becoming, of repetition and
incompletion, perhaps the most common recurring theme in his scenes is frustration. Frustrated desire is the key element in the stories of Salome and Don Giovanni and all of his films feature memorable images of frustration - victims of a car crash returning to life in order to crash again but with their corpses in more deathlike positions in Capricci; a man in armour attempting to have sex with a woman in Our Lady of the Turks; Don Giovanni repeatedly trying and failing to put down his tea cup in Don Giovanni; a follower of Christ attempting to nail himself to the cross in Salomè only to discover he cannot nail his last hand down.  

After these five exhilarating films, Bene returned to the theatre and
writing. Although his later life was dogged by ill health, his work continued to receive attention and acclaim. Yet the films that comprise his self described "cinematic parenthesis" are seldom screened or written about, especially in the English-speaking world.

For a director whose
work matches the visual power and representational complexity of Kenneth Anger or Derek Jarman's best work, this a particularly unfortunate oversight.

 

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