Nel suo film Dieu sait quoit Jean-Daniel Pollet ha utilizzato poesie tratte da
Le parti pris de choses , di Francis Ponge, pubblicato nel 1942
(tradotto in italiano da Einaudi nel '79, con il titolo Il partito preso delle cose ).
Qui di seguito alcune delle poesie nella traduzione italiana.
Ogni sua forma ha un andamento particolare;
a ognuna corrisponde un rumore particolare.
Il tutto vive con intensità come un meccanismo complicato,
preciso quanto arrischiato, come un movimento a orologeria
la cui molla è il peso di una data massa di vapore in precipitazione.
La suoneria a terra delle reti verticali, il glúglú delle grondaie,
i minuscoli colpi di gong, si moltiplicano e risuonano assieme
in un concerto senza monotonia, non senza delicatezza.
la candela
La notte a volte ravviva una pianta singolare
il cui bagliore scompone le camere ammobiliate in cespugli d'ombra.
La sua foglia d'oro si regge impassibile
nel cavo di una colonnetta di alabastro, attraverso un peduncolo nerissimo.
Le farfalle povere la assalgono
preferendola alla luna troppo alta,
che vaporizza i boschi.
Ma subito bruciate o sfinite nella battaglia,
tutte fremono sull'orlo di una frenesia
vicina allo stupore.
l'ostrica
L'ostrica, della grandezza di un ciottolo medio, ha un'apparenza piú ruvida, un colore meno unifrome, brillantemente biancastro.
E' un mondo testardamente chiuso. Eppure si puó aprire: occore per questo tenerla nel cavo di un canovaccio, usare un coltello intaccato e poco franco, far diversi tentativi. Le dita curiose si tagliano, le unghie si rompono: è un lavoro grossolano.
I colpi che le si dànno ne segnano l'involucro con cerchi bianchi, con sorte di aloni.
All'interno si trova tutto un mondo, da bere e da mangiare: sotto un firmamento (propiamente parlando) di madreperla,
i cieli di sopra si accasciano sui cieli di sotto, per non formare piú che una pozzanghera, un sacchetto vischioso e verdastro
che fluisce e reluisce all'odore e alla vista, frangiato sui bordi da un merletto nerastro.
chiocciole
Al contrario dei ciocchi, che sono gli ospiti delle ceneri calde, le chicciole amano la terra umida. Go on, procedono con tutto il corpo incollato ad essa. La portano via, la mangiano, la defecano. La terra le traversa, essa la traversano. Si tratta di una interpenetrazione del miglior gusto perché, per cosí dire, tono su tono - con un elemento passivo, un elemento attivo - che si sposta e nello stesso tempo si nutre.
(C'è altro da dire sulle chiocciole. Prima di tutto la loro umidità. Il sangue freddo. La loro estensibilità).
Da notare del resto che non si puó immaginare una chiocciola uscita dalla propria conchiglia e che non si muova. Appena si riposa, rientra subito nel fondo di sé. Il pudore la costringe invece a muoversi non appena mostra le proprie nudità, non appena lascia vedere la propria forma vulnerabile. Non appena si espone, camina.
Durante i periodi secchi si ritirano nei fossi, nei quali sembra del resto che la presenza dei loro corpi aiuti a mantenere l'umidità. Certo, lí coesistono con altre specie di animali a sangue freddo, rospi, rane. Ma quando ne escono non hanno lo stesso passo. Meritano di piú andandoci, perché fanno piú fatica a uscirne.
Da notare ancora che se amano la terra umida, non sono affezionate ai luoghi in cui la proporzione si inverte a favore dell'acqua, come le paludi, o gli stagni. E certamente preferiscono la terra ferma, purché sia grassa e umida.
Sono ghiotte anche di legumi e di piante dalle foglie verdi e cariche di acqua. Sanno nutrirsene lasciando soltanto le nervature e ritagliando le parti piú tenere. Sono, ad esempio, i flagelli delle insalate.
Che sono nel fondo delle fosse? Degli esseri che le amano per certe loro qualità, ma hanno l'intenzione di uscirne. Sono un elemento costitutivo ma vagabondo.
D'altronde, in quel luogo come nella piena luce dei viali fermi, la conchiglia protegge il oro riserbo.
Certo, portare ovunque con sé quella conchiglia è a volte un vero fastidio, ma non si lamentano e, in fin dei conti, sono contente cosí. E' prezioso, dovunque si sia poter tornare a casa e sfidare gli importuni. Ne valeva prorio la pena.
Sbavano di orgoglio per questa facoltà, per questa comodità. Come è possibile, che io sia un essere cosí sensibile e cosí vulnerabile, e allo stesso tempo csí ben difeso contro gli assalti degli importuni, cosí padrone della propria felicità e della propria tranquillità. Da cui quel meraviglioso portamento di testa.
Insieme cosí incollata al suolo, cosí commovente e cosí lenta, cosí progressiva e cosí capace di staccarmi dal suolo per rientrare in me, e allora dopo di me il diluvio, una pedata puó farmi rotolare ovunque. Sono ben sicura di rimettermi in piedi e di rincollarmi al suolo dove la sorte mi avrà relegata, e di trovarvi il mio cibo: la terra, il piú comune degli alimenti.
Che felicità, che gioia perció essere una chiocciola. Ma quella bava di orgoglio, ne impongono il marchio a tutto ció che toccano. Una scia argentata le segue. E forse le segnala al becco dei volatili che ne vanno ghiotti. Qui sta il busillis, la questione, essere o non essere (vanitosi), il pericolo.
Sola, certamente, la chiocciola è molto sola. Non ha molti amici. Ma non ne ha bisogno per la sua felicità. Aderisce cosí bene alla natura, ne gode cosí compiutamente, cosí da vicino, è l'amica del suolo che bacia con tutto il corpo, e delle foglie, e del cielo verso il quale alza cosí fieramente la testa, con i globi degli occhi tanto sensibili; nobiltà, lentezza, saggezza, orgoglio, vanità, fierezza.
Né diciamo che in ció somiglia al maiale. No, non ha quei piedini meschini, quel trottellare inquieto. Quella necessità, quella vergogna di fuggire tutto di un pezzo.
Una maggiore resistenza, e un maggior stoicismo. Maggior metodo, maggior fierezza e, probabilemente, minore ingordigia - minore capriccio; lasciare un cibo per gettarsi su un altro, minore smarrimento e precipitazione nell'ingordigia, minor paura di lasciare qualcosa nel piatto.
Niente é bello come quel modo di procedere, cosí lento, cosí sicuro, cosí discreto; a prezzo di quale sforzo questo scivolare perfetto con il quale onorano la terra! Proprio come una lunga nave, dalla scia argentata. Quel modo di procedere e maestoso, soprattutto se si tiene conto, ancora una volta, della vulnerabilità, di quei globi oculari tanto sensibili.
Si puó percepire la collera delle chiocciole? Ve ne sono esempi? Siccome è senza gesti, è probabile che si manifesti solo in una secrezione di bava piú floculenta, piú rapida. Bava di orgoglio. Si vede, a questo punto, che l'espressione della loro collera è la stessa di quella del loro orgoglio. Si rassicurano in questo modo, e si impongono al mondo in maniera piú ricca, argentata.
L'espressione della loro collera, come del loro orgoglio, si fa brillante quando si asciuga. Ma costituisce anche la loro traccia e le indica al rapitore (al predatore). Per di piú è effimera, dura solo fino alla prossima pioggia.
Tale è la sorte di quanti si esprimono in modo del tutto soggettivo senza pentimento, e solo per tracce, incuranti di costruire e di formare la pripria espressione come una dimora solida, a piú dimensioni. Piú durevole di essi stessi.
Ma probabilmente le chiocciole non avvertono questo bisogno. Sono eroi, cioè a dire essere la cui stessa esistenza è opera d'arte - piuttosto che artisti, cioè a dire fabbricatori di opere d'arte.
Ma qui tocco uno dei punti principali della loro lezione, che non è del resto loro propria ma è posseduta in comune da tutti gli esseri a conchiglia; la conchiglia è parte del loro essere, e insieme opera d'arte, monumento. Dura piú a lungo di loro.
Ed ecco l'esempio che esse ci dànno. Sante, fanno della loro vita opera d'arte - opera d'arte del loro perfezionamento. Il loro stesso sacernere avviene in tale modo che si mette in forma. Ció di cui è fatta la loro opera non comporta nulla di esterno a loro, alla loro necessità, al loro bisogno. Nulla di sproporzionato - d'altra parte - al loro essere fisico. Nulla che non sia per loro necessario, obbligatorio.
Cosí tracciano agli uomini, il loro dovere. I grandi pensieri vengono dal cuore. Perfezionati moralmente e farai bei versi. Morale e retorica si raggiugono nell'ambizione e nel desiderio del saggio.
Ma sante in che cosa: nell'ubbidire precisamente alla loro natura. Conosci te stesso, quindi, prima di tutto. E accettati quale sei. In accordo con i tuoi vizi. In proporzione con la misura di te.
Ma quale è la nozione propria dell'uomo: la parola e la morale. L'umanesimo.
il fuoco
Il fuoco classifica: all'inizio tutte le fiamme vanno in qualche senso...
(solo all'andatura degli animali si puó paragonare quella del fuoco: deve lasciare un posto per occuparne un altro; cammina come un'ameba e come una giraffa insieme, balza con il collo, striscia con il piede)...
Poi, mentre le masse metodicamente contaminate crollano, i gas sprigionati mutano mano a mano in un'unica ribalta di farfalle.